Il circolo Occhi Verdi di Pontecagnano ha iniziato la sua azione di sensibilizzazione ambientale con diverse campagne sia sul territorio che nelle scuole. Da circa vent’anni i volontari si occupano, con continuità, del recupero e della messa in sicurezza del Parco eco-archeologico, un’area verde di 22 ettari in cui è possibile trovare un giardino dei cinque sensi, un’area di compostaggio e sgambamento cani, una zona per pic nic ed una biblioteca dedicata ai più piccoli. Nel 2001 è nata l’iniziativa Orti urbani (che ad oggi conta ben 75 appezzamenti di terreno) con l’obiettivo di mitigare la disconnessione dei cittadini dalla natura e creare nuove opportunità di coltivazione per i membri locali. In tal senso, il Parco eco-archeologico rappresenta un importantissimo modello di esperienze collettive, per questa ragione abbiamo voluto incontrare la presidentessa Giancarla Del Mese per farci raccontare di questa realtà e delle nuove iniziative messe in atto in piena emergenza Covid.
La realtà del parco eco-archeologico di Pontecagnano è strettamente legata all’ambiente naturale. Come siete riusciti a portare la “natura in casa”?
Non è stato semplice certo, ma non è stato impossibile. Siamo riusciti a proseguire la nostra green mission, insieme al direttivo, curando delle rubriche online sulle nostre pagine social trattando di temi legati all’ambiente. Io stessa, ad esempio, mi sono dedicata alla lettura di poesie a tematiche ambientali, abbiamo proposto dei rimedi naturali per le piante da terrazzo o, ancora, ci siamo occupati di curare delle video ricette per sensibilizzare gli utenti al tema dello spreco alimentare. E non è finita qui. Ogni giovedì abbiamo dato il via al viale dei ricordi raccontando l’esperienza del parco, in vita dal 1999, attraverso foto e video che più ci rappresentano.
È possibile che la tematica ambientale possa assumere una prospettiva diversa oggi. Magari diventare una questione più sentita e partecipata?
Insieme ai vertici del circolo Occhi Verdi ci siamo riuniti virtualmente per discutere su alcuni temi ambientali. In particolare ci siamo concentrati sulla questione climatica e sullo spreco durante il periodo di quarantena. Il nostro obiettivo è quello di poter consigliare, seppur in pillole, come aiutare il pianeta e continuare a sostenere questa “nuova” rinascita della natura. La cosiddetta Fase 2 sotto questo aspetto dovrà essere una responsabilità collettiva più di quanto lo è stato in precedenza. Oggi probabilmente sarà possibile attirare ancor di più l’attenzione dei cittadini su questi argomenti. Siamo obbligati a capire cosa è accaduto, sta accadendo e può accadere. Siamo tutti coinvolti.
Come hanno vissuto questo cambiamento i ragazzi che collaborano con voi? Crede che tutto questo abbia influenzato il loro modo di vivere il parco?
Tutta questa situazione ha sicuramente impattato su di loro. Sono giovani, vivono totalmente il cambiamento. I nostri ragazzi, poi, si sono sentiti positivamente coinvolti anche se obbligati a un periodo di fermo. Anzi, ancora più appassionati, partecipi e pronti a studiare e conoscere nel dettaglio l’argomento. Si tratta di un arricchimento culturale e di adattamento ad una nuova realtà. Saranno sicuramente cresciuti e sono stati in grado di ricevere un’attenzione costante dal “pubblico social” coinvolgendo quella fetta di utenti restii e non direttamente coinvolti nella realtà del parco archeologico di Pontecagnano.
Come avete organizzato la riapertura?
Presumibilmente il 18 maggio riapriremo al pubblico. Dal 27 aprile, invece, abbiamo riaperto ai proprietari degli orti per tutelarli nel pieno rispetto delle regole.
È presumibile che cambierà l’interattività dei ragazzi che, con una mobilità cittadina diversa e accessi rimodulati, fungeranno da supporto fondamentale per la gestione degli spazi e per il rapporto diretto con l’utenza. Stiamo progettando anche dei laboratori o dei campi estivi alternativi per i bambini. Cercheremo di sfruttare questo momento negativo per mettere in atto alcune migliorie e una offrire una prospettiva positiva permanente. Vogliamo diventare un modello di ripresa in totale sicurezza, unendo il valore tradizionale di intendere il volontariato in un modo innovativo che possa confrontarsi con nuove proposte e metodologie.