Legambiente “Valle dell’Irno”

Nel 1991 il Comune di Fisciano istituì l’area naturalistica denominata “Frassineto” e, dietro richiesta del circolo Legambiente Valle dell’Irno, affidò a quest’ultimo la gestione dell’area con un atto di convenzione. Il circolo “Valle dell’Irno” per alcuni anni ha registrato circa 130 iscritti, risultando uno dei circoli di Legambiente più grandi. L’impegno preso da un gruppo di soci nel 1988 fu ispirato dall’idea di poter rendere il parco godibile a tutti, affinché chiunque potesse avvicinarsi alla natura per riscoprirne i valori, per rispettarla e proteggerla come bene comune. Ancora oggi sono questi gli obiettivi dell’associazione Oasi naturalistica “Frassineto”. Grazie alla dedizione dei volontari l’area è diventata un vero e proprio laboratorio in cui scuole e visitatori possono prendere parte a progetti di sviluppo sostenibile. La scommessa di ridare dignità ad un bosco offeso ed impoverito nel suo valore naturalistico è stato il motore principale dell’associazione. Abbiamo parlato con Giovanni Gioia di questo periodo di chiusura forzata e di cosa abbia significato per l’associazione e per i volontari.

Come funzionava prima della pandemia? Adesso che tipo di attività fate?
Prima i ragazzi erano impegnati quotidianamente dal lunedì al venerdì in attività all’interno del Parco Frassineto come la manutenzione ordinaria, la gestione del museo e la gestione del bosco dell’oasi naturalistica. Inoltre, ogni martedì i ragazzi avevano appuntamento a Baronissi con tutti i soci per gestire insieme la programmazione della valorizzazione di Legambiente Valle dell’Irno. Ora, con la pandemia, si rispetta l’appuntamento del martedì tramite videoconferenze con i ragazzi e i soci.

Che tipo di mezzi di comunicazione, dato il distanziamento sociale, avete utilizzato?
Il nostro sito web, le due pagine Facebook (quella del Parco e quella del circolo), la pagina Instagram, Whatsapp, le piattaforme Teams e Zoom.

Che bacino di utenza avete?
In senso largo, tramite Facebook e Instagram si raggiunge un’utenza di quasi 4000 persone. Per una comunicazione più mirata, invece, si utilizzano gruppi Whatsapp composti da 80/100 partecipanti. Tramite l’aggiornamento costante del sito web, creato da più di dieci anni, il bacino di utenza si allarga ulteriormente.

In che modo sono stati coinvolti i volontari?
Soprattutto grazie alla creazione di attività sui social. Inoltre, il 22 aprile, in occasione della Giornata della Terra, ci sono stati contatti con le scuole medie di Fisciano.

Quali difficoltà sono state riscontrate?
Il problema principale ha riguardato l’utilizzo dei mezzi di comunicazione che, purtroppo, non sono accessibili a tutti.

Com’è stato il feedback che avete ricevuto dai volontari?
Positivo, relativamente. L’abitudine a fare attività all’aperto non è paragonabile con le attività online. Tuttavia, i volontari hanno interagito con i soci e i responsabili restando a casa.

Qualche consiglio su come gestire un’associazione in situazioni di simile emergenza?
Cercherei soprattutto di allargare la possibilità di utilizzare gli strumenti online anche alla popolazione un po’ più anziana. Andrebbe dunque rivista la modalità online. Sarebbe opportuno lavorarci per un futuro che sia accessibile a tutti.

Legambiente Occhi Verdi

Il circolo Occhi Verdi di Pontecagnano ha iniziato la sua azione di sensibilizzazione ambientale con diverse campagne sia sul territorio che nelle scuole. Da circa vent’anni i volontari si occupano, con continuità, del recupero e della messa in sicurezza del Parco eco-archeologico, un’area verde di 22 ettari in cui è possibile trovare un giardino dei cinque sensi, un’area di compostaggio e sgambamento cani, una zona per pic nic ed una biblioteca dedicata ai più piccoli. Nel 2001 è nata l’iniziativa Orti urbani (che ad oggi conta ben 75 appezzamenti di terreno) con l’obiettivo di mitigare la disconnessione dei cittadini dalla natura e creare nuove opportunità di coltivazione per i membri locali. In tal senso, il Parco eco-archeologico rappresenta un importantissimo modello di esperienze collettive, per questa ragione abbiamo voluto incontrare la presidentessa Giancarla Del Mese per farci raccontare di questa realtà e delle nuove iniziative messe in atto in piena emergenza Covid.

La realtà del parco eco-archeologico di Pontecagnano è strettamente legata all’ambiente naturale. Come siete riusciti a portare la “natura in casa”?
Non è stato semplice certo, ma non è stato impossibile. Siamo riusciti a proseguire la nostra green mission, insieme al direttivo, curando delle rubriche online sulle nostre pagine social trattando di temi legati all’ambiente. Io stessa, ad esempio, mi sono dedicata alla lettura di poesie a tematiche ambientali, abbiamo proposto dei rimedi naturali per le piante da terrazzo o, ancora, ci siamo occupati di curare delle video ricette per sensibilizzare gli utenti al tema dello spreco alimentare. E non è finita qui. Ogni giovedì abbiamo dato il via al viale dei ricordi raccontando l’esperienza del parco, in vita dal 1999, attraverso foto e video che più ci rappresentano.

È possibile che la tematica ambientale possa assumere una prospettiva diversa oggi. Magari diventare una questione più sentita e partecipata?
Insieme ai vertici del circolo Occhi Verdi ci siamo riuniti virtualmente per discutere su alcuni temi ambientali. In particolare ci siamo concentrati sulla questione climatica e sullo spreco durante il periodo di quarantena. Il nostro obiettivo è quello di poter consigliare, seppur in pillole, come aiutare il pianeta e continuare a sostenere questa “nuova” rinascita della natura. La cosiddetta Fase 2 sotto questo aspetto dovrà essere una responsabilità collettiva più di quanto lo è stato in precedenza. Oggi probabilmente sarà possibile attirare ancor di più l’attenzione dei cittadini su questi argomenti. Siamo obbligati a capire cosa è accaduto, sta accadendo e può accadere. Siamo tutti coinvolti.

Come hanno vissuto questo cambiamento i ragazzi che collaborano con voi? Crede che tutto questo abbia influenzato il loro modo di vivere il parco?
Tutta questa situazione ha sicuramente impattato su di loro. Sono giovani, vivono totalmente il cambiamento. I nostri ragazzi, poi, si sono sentiti positivamente coinvolti anche se obbligati a un periodo di fermo. Anzi, ancora più appassionati, partecipi e pronti a studiare e conoscere nel dettaglio l’argomento. Si tratta di un arricchimento culturale e di adattamento ad una nuova realtà. Saranno sicuramente cresciuti e sono stati in grado di ricevere un’attenzione costante dal “pubblico social” coinvolgendo quella fetta di utenti restii e non direttamente coinvolti nella realtà del parco archeologico di Pontecagnano.

Come avete organizzato la riapertura?
Presumibilmente il 18 maggio riapriremo al pubblico. Dal 27 aprile, invece, abbiamo riaperto ai proprietari degli orti per tutelarli nel pieno rispetto delle regole.
È presumibile che cambierà l’interattività dei ragazzi che, con una mobilità cittadina diversa e accessi rimodulati, fungeranno da supporto fondamentale per la gestione degli spazi e per il rapporto diretto con l’utenza. Stiamo progettando anche dei laboratori o dei campi estivi alternativi per i bambini. Cercheremo di sfruttare questo momento negativo per mettere in atto alcune migliorie e una offrire una prospettiva positiva permanente. Vogliamo diventare un modello di ripresa in totale sicurezza, unendo il valore tradizionale di intendere il volontariato in un modo innovativo che possa confrontarsi con nuove proposte e metodologie.

Associazione “Quartiere Ogliara”

Un’isola felice, un faro, un punto di incontro e di sostegno: tutto questo rappresenta per i rioni collinari di Salerno l’associazione “Quartiere Ogliara” che dal 1998 opera sul territorio, fungendo da guida e offrendo appoggio ai minori, alle loro famiglie e, in generale, a tutte le persone che vivono delle difficoltà. Tre i centri operativi tra Ogliara e Rufoli, tra cui un bene confiscato alla malavita. In particolare, presso il centro Chiara Della Calce di Ogliara che ospita circa 85 bambini, con il patrocinio delle Politiche Sociali del Comune di Salerno, il tenace presidente Archimede Fasano, insieme alla sua squadra costituita da operatori e volontari del Servizio Civile, ha dato vita ad un piccolo scrigno di risorse da mettere al servizio del territorio. Non solo doposcuola, ma anche attività ludiche ed educative per gli innumerevoli utenti.

Come funzionava prima della pandemia? Adesso che tipo di attività fate?
Prima le attività principali erano quelle di supporto allo studio. Adesso i volontari fanno doposcuola a distanza, in videoconferenza da casa, soprattutto a ragazzi di terza media che hanno bisogno di preparare le tesine. Fin dalle prime fasi dell’emergenza Covid-19, poi, l’associazione ha acquistato beni di prima necessità da devolvere in beneficienza a famiglie bisognose, raccogliendo anche donazioni da privati. Inoltre, abbiamo offerto supporto per la gestione delle pratiche di richiesta di sussidi statali, anche tramite consegne a mano delle stesse nei giorni 6 e 7 aprile.

Che tipo di mezzi di comunicazione, dato il distanziamento sociale, avete utilizzato?
Per le attività di doposcuola a distanza abbiamo utilizzato le piattaforme Teams e Zoom. Per organizzarci poi, oltre ai classici contatti telefonici, abbiamo anche un gruppo Whatsapp.

Che bacino di utenza avete?
Nel momento in cui si è dovuto far fronte all’emergenza, l’utenza si è estesa a tutte le zone collinari di Salerno.

In che modo sono stati coinvolti i volontari?
Tramite la suddivisione dei ruoli: c’è chi gestisce la tecnologia, chi la parte di preparazione del materiale per i bambini e chi si è occupato della consegna dei pacchi alle famiglie.

Quali difficoltà sono state riscontrate?
La principale difficoltà è stata quella relativa all’utilizzo e alla gestione degli strumenti tecnologici.

Che feedback avete ricevuto dai volontari?
Molto positivo. I ragazzi del Servizio Civile sono stati impegnati nel sostegno scolastico, in modo molto attivo e vivace.

Qualche consiglio su come gestire un’associazione in situazioni di simile emergenza?
L’impreparazione e la paura iniziale devono essere superati grazie al senso di solidarietà e di comunità. Cinquanta pacchi da consegnare in un giorno, ti fa riflettere sulla gravità della situazione. L’augurio più grande è che tutto finisca presto per capire che le famiglie stanno ripartendo.

Energy Life

L’Associazione Energy Life, si occupa da tempo di attività ludico-ricreative e sportive indirizzate a bambini e ragazzi.

Con Michele Lodato, presidente dell’associazione, parliamo di come è stata affrontata la fase dell’emergenza sanitaria.

Come avete riorganizzato le vostre attività in questo periodo? Ci sono state difficoltà?

Abbiamo cercato di riorganizzare le varie attività adeguandole all’emergenza e ai nostri mezzi a disposizione, come ad esempio i canali social. Non vi sono state grandi difficoltà, magari solo per qualcuno dei nostri volontari che è più impacciato con la tecnologia.

Attualmente quali attività si stanno svolgendo a distanza?
Nonostante si stia operando a distanza siamo riusciti a mantenere attivi alcuni servizi già offerti, come ad esempio il doposcuola per ragazzi. A questi stessi servizi abbiamo aggiunto dei video tutorial #AllenarsiInCasa per aiutare gli utenti a non lasciarsi andare alla routine sedentaria da quarantena insieme ad alcuni consigli sulla corretta alimentazione, grazie all’aiuto dei nostri esperti. Per i più piccoli, invece, abbiamo pensato ad attività creative e divertenti come la realizzazione di un tulipano con delle semplici cannucce o semplici lavoretti da poter svolgere con i propri genitori.

Come ha impattato questo cambiamento sul vostro servizio di volontariato?
Questo cambiamento ha sicuramente avuto un forte impatto sul dinamismo del nostro lavoro. Certo, manca quella vivacità che si creava nel partecipare attivamente alle attività con i ragazzi. Tuttavia, anche nella difficoltà siamo stati in grado di trovare una dimensione che ci permette di coinvolgere gli utenti, operando in mondo diverso ma sempre più “fantasioso”. Non è facile trovare di volta in volta nuove idee ma continueremo a portare avanti la nostra positività.

FormaMentis

Sergio De Martino, presidente dell’associazione FormaMentis, illustra le modalità adottate nell’organizzazione del servizio civile “da remoto”.

Quali modifiche sono state apportate alle attività per adeguarle all’emergenza sanitaria e quali strumenti avete usato?
In un primo momento abbiamo avuto delle difficoltà rispetto agli strumenti da utilizzare per lavorare da remoto, problematica che è stata superata con un po’ di organizzazione. Poiché la nostra associazione offre il servizio di doposcuola, abbiamo proseguito tale attività sfruttando i nuovi canali di comunicazione, in particolare skype. Inoltre, i volontari si occupano di monitorare e aggiornare le varie pagine presenti sui social, arricchendole di contenuti tra cui dei video tutorial.

Come avete organizzato le varie lezioni? Ci sono dei riscontri positivi?
Inizialmente c’è stato un po’ di smarrimento a cui è seguita un’organizzazione interna ben strutturata dai volontari, i quali si accordano con i genitori per stabilire gli orari in cui è possibile supportare i ragazzi nello svolgimento dei compiti. Non ci aspettavamo di avere dei risultati così immediati, ci sono state molte richieste di aiuto e la situazione che si apre ai nostri occhi è positiva. Stiamo avendo feedback incoraggianti.

Potrebbero presentarsi delle difficoltà in futuro nell’utilizzare tale modalità?
Abbiamo trovato un buon equilibrio, per cui siamo certi di poter continuare a lavorare secondo queste nuove direttive nell’ambito scolastico. Purtroppo, per i vari laboratori estivi risulta più complicato l’attuazione da remoto; stiamo pensando a delle soluzioni, ma si perde lo spirito di aggregazione.

Cos’è cambiato nelle interazioni tra i volontari e qual è l’umore generale?
Nonostante la situazione, l’umore è buono e i volontari sono propositivi rispetto a questa nuova modalità. Lo svantaggio è rappresentato dalla mancanza di aggregazione, che è fondamentale per i ragazzi e i bambini.

Arciragazzi “Gatto con gli stivali”

L’emergenza sanitaria ha rappresentato una notevole sfida per gli enti del Terzo settore che svolgono attività educative.
A Diego Leone, coordinatore dell’Arciragazzi Gatto con gli stivali, chiediamo come l’associazione ha riorganizzato le proprie attività per rispondere nel modo più efficace possibile.

Quale è stato l’impatto dell’emergenza sanitaria sulla vostra attività educativa?
Il nostro lavoro quotidiano, o come amiamo chiamarlo noi “missione”, ha come obiettivo il rispetto della Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia, siglata nel lontano 1989 ma che ancora attualmente vede completamente disattesi alcuni articoli in alcune zone del mondo non troppo distanti da noi.
Molto importante per il raggiungimento di tale obiettivo è la metodologia che usiamo quotidianamente, basata sul rapporto umano, sull’empatia, sul riconoscimento di alcuni segnali che i bambini ci lanciano molto spesso non verbalmente ma con atteggiamenti o linguaggi del corpo che abbiamo imparato a decifrare con lo studio e con l’esperienza.
Tutte cose, queste, che sono venute a mancare dai primi di marzo di quest’anno a causa dell’emergenza COVID-19.

Quali modifiche sono state apportate alle attività per adeguarle all’emergenza sanitaria e quali strumenti avete usato?
Le attività del nostro centro di aggregazione sono state chiuse dalla sera alla mattina. Ci siamo ritrovati, dopo un attimo di smarrimento, a ripensare e organizzare tutto il nostro quotidiano con l’utilizzo di metodologie e strumenti che neanche conoscevamo a fondo prima d’ora. Abbiamo cercato innanzitutto di capire quali fossero i canali maggiormente utilizzati dai “nostri” ragazzi, e abbiamo contattato telefonicamente tutte le famiglie per dare un segnale di presenza, anche se distanti. Ci siamo messi a loro disposizione per quanto riguarda il supporto tecnico ai software utilizzati dalle scuole (non sempre intuitivi e sui quali anche gli insegnanti ahimè hanno difficoltà ad utilizzare), abbiamo organizzato il sostegno scolastico uno a uno con videochiamate, abbiamo creato una pagina Facebook dove ogni giorno pubblichiamo varie rubriche al momento molto seguite dai ragazzi.

Come avete organizzato le attività?
Per fortuna nella nostra organizzazione possiamo fare affidamento su un gruppo di volontari in servizio civile, ognuno con peculiarità diverse.
Abbiamo affidato il supporto tecnico ai software a operatori e ragazzi maggiormente pratici.
Il sostegno scolastico è stato pensato proprio partendo con queste peculiarità, dividendo per materie le richieste che ci sono arrivate dai ragazzi, e assegnandole al volontario più preparato su quell’argomento.
Possiamo fare affidamento anche a particolari competenze che in questo periodo ci sono state molto utili. Solo per esempio, una volontaria in servizio civile bravissima con il disegno e la relativa applicazione su software appositi. Questo ci ha permesso di sviluppare una rubrica, dedicata soprattutto a bambini più piccoli, che è di certo una delle più seguite sulla pagina Facebook.

Ci sono dei riscontri positivi?
I riscontri sono stati positivi sebbene, con il perdurare di questa situazione, diventa difficile mantenere i rapporti e l’attenzione nel tempo. Non la chiamerei tanto un’attività a distanza, ma di emergenza.
Non esiste, secondo me, didattica o educazione a distanza. Esistono modalità che in un periodo di emergenza sono senza dubbio meglio di niente.

Potrebbero presentarsi delle difficoltà in futuro nell’utilizzare tale modalità?
Rispetto al coordinamento degli operatori e dei volontari in servizio civile penso di no. Le difficoltà inizialmente riscontrate sono dovute a un repentino cambio di modalità senza, giustamente, un congruo preavviso. Adesso siamo pronti, qualora ve ne fosse di nuovo l’esigenza (e onestamente non ce lo auguriamo).

Cos’è cambiato nelle interazioni tra i volontari e qual è l’umore generale?
L’atteggiamento dei volontari in questa situazione è stato positivo e propositivo. Hanno lo stesso interesse che li ha spinti a fare domanda di servizio civile e sentono forte l’esigenza di sentirsi utili in un periodo che i nostri figli troveranno descritto nei libri di storia.

Tyrrhenoi

Gennaro Carbone, responsabile dell’associazione Tyrrhenoi, ci racconta come l’associazione ha riorganizzato le proprie attività.

Come ha risposto l’associazione Tyrrhenoi all’emergenza COVID19?
Tutte le attività si svolgono da remoto, tramite i canali già utilizzati dai vari ragazzi per l’istruzione a distanza, quindi abbiamo perseguito tale sentiero, che è risultato vantaggioso per velocizzare la ripartenza delle nostre attività da remoto. L’organizzazione si è sviluppata pian piano, i volontari hanno contattato i vari ragazzi e strutturato gli incontri per lo svolgimento del dopo scuola.

Quali sono state le difficoltà per la partenza delle attività da remoto?
Gli unici problemi che abbiamo riscontrato sono i limiti tecnologici delle famiglie; non tutti i genitori, infatti, sono in grado di utilizzare tali canali. I nostri volontari, invece, erano già avvezzi alla tecnologia da utilizzare.

Come e quanto sono coinvolti i volontari?
Prima del Covid19, i volontari erano riusciti a stabilire un rapporto solido con i nostri utenti, che vivevano delle realtà complicate anche prima dell’emergenza sanitaria. Inizialmente, è stato spiacevole non poter continuare le attività con i bambini, proprio per il rapporto che si è instaurato. Quando siamo ripartiti in remoto i volontari si sono mostrati fin da subito disponibili, mettendo a disposizione i propri dispositivi per poter svolgere le attività. Abbiamo continuato con il doposcuola e creato attività ludiche da scaricare dal pc. Inoltre, i bambini e le loro famiglie, possono contare sull’assistenza di una psicologa, che fa parte dell’organico dei volontari.

Quali difficolta avete rilevato?
Bisogna considerare che si è abbassato di molto il rapporto numerico tra volontari e bambini: se prima un solo volontario poteva occuparsi di più bambini contemporaneamente, ora i volontari possono assistere un bambino per volta e per poco tempo. Quindi anche gli obbiettivi devono essere rimodulati in base a questi cambiamenti. La preoccupazione che mi preme mettere in luce è il carico di lavoro che deve essere svolto avanti ad uno schermo da parte dei bambini.

Associazione Archimede

Come le altre associazioni universitarie, anche l’associazione Archimede ha dovuto ripensare radicalmente la propria organizzazione in conseguenza dell’emergenza.
Ne parliamo con Francesco Ienco, presidente dell’associazione.

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Come avete adeguato le vostre attività in risposta a questa emergenza?
Insieme con i volontari abbiamo cercato di continuare le attività abituali, condividendo, attraverso mezzi come Instagram, Whatsapp, piattaforme come Teams e Zoom, materiale didattico (riassunti, rielaborazioni di appunti e dispense) al fine di sostenere gli studenti nella preparazione degli esami. Abbiamo realizzato attraverso dirette Facebook, dibatti culturali e seminari su tematiche giovanili e creato vademecum per gli studenti.

Quali difficoltà sono state riscontrate?
L’arretratezza tecnologica riscontrata in alcune situazioni, anche se abbiamo rilevato anche dei vantaggi. I volontari, infatti, hanno potuto svolgere le attività da casa, evitando gli spostamenti all’università, stando comodamente “in pigiama”, senza costi di gestione personale. Questo ha favorito una maggiore disponibilità.

Hai qualche consiglio da dare su come gestire un’associazione in tali situazioni di emergenza?
Credo che sia più efficace ricevere le informazioni via mail, piuttosto che a voce o per telefono. Il mondo social, Whatsapp, Instagram, Facebook è un canale importante poiché permette di intercettare potenziali utenti ed informarli.

SuiGeneris

Come ha affrontato l’emergenza sanitaria un’associazione che normalmente aveva nel rapporto diretto con gli studenti uno dei principali elementi distintivi?
Ne parliamo con Valeria Della Corte, presidente dell’associazione universitaria SuiGeneris.

SuiGeneris

Come funzionava l’associazione prima della pandemia?
Essendo un’associazione universitaria, l’attività principale era quella di info-point. I volontari svolgevano attività di supporto rispetto a problematiche studentesche quali domande di borsa di studio, compilazione piano di studi, tesi di laurea.

Adesso che tipo di attività fate?
Negli ultimi mesi è stato attivato un centralino d’ascolto di tipo VOIP con un numero fisso al quale gli studenti possono telefonare. È stato creato un vademecum per la didattica a distanza, costituito da file pdf dettanti le regole per l’utilizzo delle piattaforme Teams e Zoom. Inoltre, abbiamo condiviso attraverso Whatsapp e la pagina Facebook file di appunti, in modo da supportare gli studenti nella preparazione degli esami, in quanto abbiamo riscontrato una generale difficoltà nel reperire i testi i universitari.

Qualche consiglio su come gestire un’associazione in situazioni di simile emergenza?
Bisognerebbe cercare di adattarsi alle esigenze dei ragazzi. Utilizzare il mondo social, prevalentemente Instagram, che ha un impatto diretto sull’interesse dei singoli destinatari del progetto. Via social si possono ricercare ed intercettare potenziali utenti al fine di informarli.

A seguire i link:

Facebook- https://it-it.facebook.com/SuiGenerisUNISA/

Instagram- SuiGeneris

Motus

L’associazione universitaria Motus è tra quelle che ha saputo reagire in modo più creativo ed efficace alle limitazioni “fisiche” causate dall’emergenza sanitaria.
Chiadiamo al presidente Vincenzo Talotta le soluzioni individuate.

Come avete modificato le vostre abituali attività per fare fronte all’emergenza sanitaria e quali strumenti sono stati usati?
Dall’emanazione del DPCM la sede, essendo posta all’interno della struttura universitaria, è stata chiusa. Di conseguenza, con non poche difficoltà, abbiamo dovuto adeguarci alle nuove condizioni. Abbiamo comprato la licenza per una piattaforma che ci ha permesso di gestire le attività dell’associazione e il lavoro dei nostri volontari. In questo modo, siamo riusciti a fornire a tutti i volontari una app in grado di facilitare notevolmente la comunicazione tra i membri interni e lo svolgimento del proprio lavoro da remoto.

Come funziona la piattaforma?
La piattaforma permette ai volontari di ricevere le chiamate da parte degli studenti dell’ateneo, garantendone la privacy e funzionando come un qualsiasi device telefonico. Gli utenti chiamano al nostro numero e la telefonata viene indirizzata al primo volontario libero. Avendo un buon numero di volontari, fin ora non abbiamo avuto nessun problema di attesa. In questo modo è stato possibile continuare a portare avanti l’attività di info-point. Infine, abbiamo tentato di avviare anche qualche attività ludiche, ma il loro sviluppo risulta difficile.

Di cosa vi occupate principalmente e riuscite ad ottenere i risultati sperati?
Principalmente chiariamo le nuove modalità riguardanti la didattica e raccogliamo le varie difficoltà e problematiche che gli studenti ci riferiscono in merito. Siamo tenuti molto in considerazione dagli organi universitari, consigli didattici e dipartimenti, perché rappresentiamo uno strumento di comunicazione aggiuntivo che arricchisce i canali già presenti. Quindi, possiamo sicuramente dire che i risultati ci sono e sono visibili.

Cos’è cambiato nelle interazioni tra i volontari e qual è l’umore generale?
I volontari, grazie anche alla possibilità di poter comunicare tra loro tramite la piattaforma, hanno rafforzato il legame tra di loro e sono felici di rendersi utili in questi giorni di distanziamento sociale. Insomma, si può dire che l’unico cambiamento sia stato quello relativo all’aumento delle distanze.

Quali sono state le difficoltà per la partenza da remoto del progetto?
La vera grande difficoltà è stata sicuramente l’organizzazione della modalità da remoto. Dopo diversi interrogativi, l’utilizzo di una piattaforma ci è sembrata lo strumento più efficace per la gestione della situazione. Un’altra difficoltà è stata quella di creare una piattaforma capace di essere utilizzata da così tante persone, considerando che della nostra associazione ci sono circa 20 volontari. In questo momento il nostro lavoro è marginale ed è giusto che venga svolto da remoto, senza mettere in pericolo nessuno. L’unica cosa che in questo periodo si può fare è restare il più possibile a casa e salvaguardare la salute di chi ci è vicino. Sicuramente l’emergenza sanitaria ci ha isolati come individui, ma ci ha fatto crescere come comunità.